QUAGLIA Coturnix coturnix (Linnaeus, 1758)

Quaja (Giglioli 1886)

Codice EURING 03700

TOTALE elementi CTR
171
35,4 %
Nidificazione certa
3
0,6 %
Nidificazione probabile
161
33,3 %
Nidificazione eventuale
7
1,4 %

CARTA

IMMAGINE

Nel territorio della Provincia di Bologna la specie è migratrice, nidificante e svernante irregolare; nel periodo 1995-1999 è stata stimata una popolazione nidificante di 300-600 coppie.

Galliforme originariamente tipico delle steppe, fortemente terragnolo, si è adattato ad ambienti aperti artificiali come praterie e pascoli con copertura rada e ad aree agricole a coltura intensiva. Ampiamente distribuito per quanto in modo discontinuo nella Provincia, è stato rilevato nel 35% circa degli elementi CTR.
Si alimenta a terra: nella dieta entrano semi ed apici vegetativi di numerose piante selvatiche e coltivate e numerosi invertebrati. Nidifica in una depressione del terreno, spesso in campi di graminacee. Facile da rilevare al canto, che in primavera emette frequentemente anche di notte, è invece estremamente elusiva e non si mostra che raramente all’aperto.
In Provincia durante i rilevamenti è emersa chiaramente un’area a distribuzione piuttosto omogenea, che coincide con la pianura coltivata. La mediana dell’altitudine è inferiore a 20 m. s.l.m. Le sono particolarmente adatte le grandi estensioni coltivate a cereali, come quelle reperibili ad est nei comuni di Medicina, Molinella Malalbergo, Budrio, Minerbio oppure ad ovest nei comuni di Crevalcore, S.Giovanni in Persiceto, Castel d’Argile dove la distribuzione è quasi continua.
Nell’alta pianura e ancora di più nella fascia di collina e montagna, la Quaglia è presente in modo molto più frammentato. Gli ambienti frequentati sono ancora campi coltivati, ma anche pascoli e calanchi purché senza una eccessiva copertura arborea o arbustiva. Una zona a densità relativamente alta è lo spartiacque tra Idice e Sillaro (Casoni di Romagna, Monte Carpenine, Sasso della Mantesca) caratterizzato da incolti pascolati con radi cespugli intervallati a campi coltivati a cereali o medica. Durante l’indagine non si sono rilevati cantori in montagna, per quanto la specie sia segnalata altrove fino a quasi 2000 metri: le quote massima raggiunte sono state di circa 850 metri a Porrance nella valle del Brasimone e a Monte la Fine nella valle del Sillaro, e di 1000 metri a Montefredente-Pian di Balestra nell’alto Setta. In anni immediatamente successivi a questa indagine nel corso di altri programmi di monitoraggio è stato trovato un cantore vicino al Passo dello Strofinatoio, nell’alta valle del Dardagna, zona di vaccinieti e praterie sommitali a quota superire a 1600 m.slm (Bonora oss.pers.).
E’ soggetta a fluttuazioni complesse e di difficile interpretazione che sono state registrate, dato l’interesse venatorio della specie, in tutta Europa a partire dal XIX secolo. Pare che in tempi recenti si sia verificata una diminuzione dopo gli anni ’50 in varie parti del Nord Italia a cui ha fatto seguito un periodo di recupero dopo gli anni 70-80 (Spanò e Truffi 1992). Essendo l’unico Galliforme migratore, alle cause locali di fluttuazione delle popolazioni si sommano quelle legate all’areale di svernamento a sud del Sahara e al prelievo venatorio, che durante la migrazione può essere particolarmente pesante in paesi del Nord Africa. E’ inclusa nella Lista rossa degli Uccelli nidificanti in Italia nella categoria ‘specie a più basso rischio’ (Frugis e Schenk 1981), ma non nella Lista rossa regionale. E’ classificata da BirdLife International come SPEC 3 (specie con status di conservazione sfavorevole e popolazione non concentrata in Europa).
Possono essere individuati come fattori sfavorevoli alla Quaglia le variazioni dell’ecosistema agrario e le tecniche proprie dell’agricoltura intensiva, caratterizzate da sfalci frequenti, estrema meccanizzazione, arature precoci estive che riducono le disponibilità alimentari, impiego massivo di fitofarmaci e diserbanti con i conseguenti fenomeni di tossicità diretta e riduzione della disponibilità alimentare. Riveste molta importanza come fattore favorevole alla conservazione l’attuale calendario venatorio, che impedendo il prelievo dopo gennaio non intacca il pool dei riproduttori in primavera al momento del ritorno dalle aree di svernamento.

Mario Bonora

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